Ricordiamoli

È morta Isabella Coghi

Componente del Comitato Nazionale di Bioetica

Se non si fosse interessata ai problemi ginecologici dell’endocrino­lo­gia, dell’infertilità e a quelli più strettamente biologici ed etici d’inizio della vita, la sua esistenza sarebbe stata diversa. E probabilmente anche i suoi interessi culturali e la sua determinazione nella ricerca clinica. Erano gli anni cinquanta: Isabella Coghi si era da poco laureata in farmacia, perché questa era la tradizione familiare. Pareva destinata ad occuparsi della farmacia di famiglia nel centro di Verona. E invece gli capitò di essere attratta dalla laurea in medicina. Ripose in un cassetto quella in farmacia e si dedicò ai problemi più strettamente legati alla salute. Si avvicinò alla ginecologia agli inizi degli anni sessanta, “folgorata dalla nuova ginecologia” che in quegli anni un giovane cattedratico – prof. Ingiulla – andava prospettando. Ingiulla gli chiese di occuparsi dei problemi, allora nascenti, dell’infertilità di coppia e, quindi, del concepimento. Isabella Coghi si tuffò in quest’avventura con l’entusiasmo ed il rigore che gli erano caratteristici, ottenendo subito ottimi risultati in questo campo. Cattolica rigorosa, ma laica, fu attenta osservatrice e a volte sostenitrice dei vari fermenti e movimenti femministi degli anni 70-80. Docente di Endocrinologia ginecologica dell’Università “La Sapienza” di Roma, Coghi era punto di riferimento in questa disciplina. Ha lavorato per quasi trent’anni nel campo della riproduzione medicalmente assistita con una grande attenzione alla dimensione psichica della donna nel percorso di maternità. Centrale è stato il suo ruolo al Comitato Nazionale di Bioetica. Va sottolineata la sua partecipazione ai lavori, alla redazione di documenti e pareri relativi alla procreazione, alla gravidanza e, in generale, sui temi di etica medica e tutela dei soggetti fragili.

Carlo Sbiroli